Dossieraggio contro politici e manager: l’inchiesta che scuote l’Antimafia

Dossieraggio contro politici e manager: l’inchiesta che scuote l’Antimafia

Dossieraggio contro politici e manager: l’inchiesta che scuote l’Antimafia


Una potenziale centrale di dossieraggio abusivo, all’interno della Direzione nazionale antimafia. Che ha scavato, negli ultimi anni, nei conti correnti e nelle transazioni finanziarie di centinaia di personaggi noti, tra politici di primo piano, giornalisti e capitani d’industria. È questa la pista su cui, da mesi, sta lavorando la procura di Perugia con un’indagine delicatissima seguita direttamente dal procuratore capo Raffaele Cantone e che, già dopo l’estate all’esito di ulteriori accertamenti, rischia di diventare uno scandalo nazionale.

Il reato per cui i magistrati si stanno muovendo è l’accesso abusivo a sistemi informatici. A essere iscritto nel registro degli indagati è un maresciallo della Guardia di Finanza che per lungo tempo è stato a servizio della Dna. Dove, sospetta la procura sulla base di evidenze che ritiene inequivocabili, ha interrogato il sistema informatico interno per scaricare atti riservati senza autorizzazione: si tratta delle Segnalazioni di operazioni sospette (Sos) — cioè le transazioni anomale che le banche e gli operatori finanziari hanno il dovere di comunicare alla Unità di informazione finanziaria (Uif) di Banca d’Italia per approfondimenti — che vengono trasmesse per legge sia alla Dna sia al Nucleo Valutario della Guardia di Finanza.

Raffaele Cantone, procuratore capo di Perugia

Raffaele Cantone, procuratore capo di Perugia

 (ansa)

Già nel corso del 2020 la pubblicazione su diversi quotidiani di Sos che riguardavano personaggi politici di primo livello (Matteo Renzi, Giuseppe Conte, Rocco Casalino, soltanto per fare alcuni nomi) avevano destato dei sospetti. Le Sos devono essere trattate con molta cura perché contengono informazioni riservate e in un certo senso neutre: come si diceva, Bankitalia fa un’istruttoria e invia a Dna e Finanza transazioni apparentemente sospette (bonifici dall’estero, strani scambi di denaro) ma che potrebbero essere lecite. Spetta infatti alla polizia giudiziaria effettuare gli approfondimenti. Quei documenti, invece, in alcuni casi sono finiti sui giornali prima che alle procure, circostanza che ha inquietato non poco i vertici delle Fiamme Gialle e del ministero dell’Economia. Ci sono diverse riunioni operative, vengono ricostruiti i percorsi di trasmissione delle Sos (finite appunto al Valutario, alla Dna, alla Direzione investigativa antimafia e in alcuni casi anche ai Servizi) ma non si arriva a nulla.

Le cose cambiano a ottobre dello scorso anno quando Guido Crosetto, ministro della Difesa, presenta una querela alla procura di Roma. «A seguito della pubblicazione di miei dati personali e non pubblici, accessibili solo da parte di persone autorizzate, ho deciso di sporgere una querela alla procura di Roma per capire come fossero stati recuperati», spiega oggi a Repubblica. La pm Antonia Giammaria delega i primi accertamenti e qualcosa trova. Un finanziere in servizio alla Dna avrebbe infatti, nei giorni precedenti alla pubblicazione degli articoli, effettuato ricerche proprio su Crosetto. Il militare viene perquisito e poi sentito: nega ogni irregolarità, ammette il fatto ma spiega che le interrogazioni al sistema venivano effettuate abitualmente dal suo ufficio per motivi di servizio. Non mentiva: nel senso che gli investigatori scoprono che sulla stampa sono finite solo alcune delle centinaia di interrogazioni alla banca dati che risultano dai log digitali fatte nell’ufficio della Dna. Ricerche non giustificate né da una richiesta a monte, né da una relazione a valle: nessuno per motivi di indagine chiedeva di scaricare quelle Sos. E soprattutto il lavoro non finiva in nessuna informativa alla procura. Perché allora?

Il ministro della Difesa Guido Crosetto

Il ministro della Difesa Guido Crosetto

 

Il finanziere ha provato a scaricare sulle modalità organizzative dell’ufficio, la cui sezione all’epoca era guidata da un magistrato esperto, l’ex procuratore di Bari, Antonio Laudati, non convincendo però gli inquirenti. Il nuovo capo della Dna, Giovanni Melillo, ha cambiato nel frattempo le procedure, mettendo a guida di quel dipartimento tre sostituti. Il fascicolo sul finanziere è finito a Perugia, proprio perché Cantone possa valutare le responsabilità eventuali di magistrati in servizio a Roma. E soprattutto riesca a dare una risposta a una domanda inquietante: perché si cercavano dati sensibili su alcuni dei personaggi politicamente più esposti del nostro Paese? Chi aveva chiesto quelle informazioni? E soprattutto: a chi sono state girate?



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[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2023-08-03 05:15:28 ,www.repubblica.it

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